Inizialmente il peso delle operazioni alleate ricadde sulla marina francese; l'Italia allo scoppio del conflitto aveva dichiarato la sua neutralità, mentre il Regno Unito era impegnato contro la Kaiserliche Marine nel mare del Nord e nella scorta al traffico mercantile nel Mediterraneo. Ma di fatto sarebbe stato impossibile assicurare il buon andamento della produzione ricorrendo all'applicazione continua di misure coercitive. Spinte dalle forti campagne di agitazione interventista di Mussolini e dei gruppi nazionalisti, dall'arrivo di D'Annunzio nella capitale e dalla notizia delle dimissioni del governo, le dimostrazioni presero una piega nettamente eversiva. La terribile alba sul San Michele, La Grande Guerra degli italiani in Francia, The Anschluss Movement, 1918–1919, and the Paris Peace Conference, TRENTO, BOLZANO E INNSBRUCK: L'OCCUPAZIONE MILITARE ITALIANA DEL TIROLO (1918-1920), Trento e Trieste, Percorsi degli italiani d'Austria dal '48 all'annessione, Il contingente italiano in Alta Slesia (1920-1922), Le origini della guerra del 1914 (3 volumi - vol. La guerra impose uno sforzo popolare mai visto prima; enormi masse di uomini furono mobilitate sul fronte interno così come sul fronte di battaglia, dove i soldati dovettero adattarsi alla dura vita di trincea, alle privazioni materiali e alla costante minaccia della morte, che impose ai combattenti la necessità di dover affrontare enormi conseguenze psicologiche collettive ed individuali, che andavano dalla nevrosi da combattimento, al reinserimento nella società fino alla nascita delle associazioni dei reduci. Nel luglio 1915 fu commissionata alla ditta SVAN la realizzazione di un piccolo motoscafo armato di siluri, da impiegare come silurante veloce e mezzo anti-sommergibili: il Motoscafo armato silurante o MAS, realizzato in quasi 300 esemplari di vari tipi, si rivelò un mezzo molto adatto alla guerra di rapida corsa negli spazi ristretti del mar Adriatico, impegnato sia nell'attacco delle unità sorprese in navigazione sia in incursioni notturne all'interno degli stessi porti nemici[71]. Significativo fu il caso di don Giovanni Minozzi, il quale promosse l'istituzione al fronte e nelle retrovie di Case del Soldato, centri ricreativi dove i fanti riposavano, ascoltavano musica, assistevano a spettacoli teatrali, leggevano e trovavano qualcuno che li aiutasse nel compilare le lettere da inviare a casa. Significativo in questo senso fu quanto scritto da Giuseppe Prezzolini nel suo saggio Vittorio Veneto: «Si chiamava propaganda ordinare dei soldati sull'attenti in un cortile, dopo otto ore di fatiche e lì, togliendo un'ora di libertà, obbligarli a sentire la chiacchierata di un avvocato inabile alle fatiche di guerra.»[104] Dall'attentato di Sarajevo alla mobilitazione generale dell'Austria-Ungheria. Questo sito Web della prima guerra mondiale è stato creato e gestito da Alpha History. Tra i disertori però vanno classificati comportamenti molto diversi, dal passaggio al nemico, ai casi più comuni di allontanamento dai reparti verso l'interno del paese o i ritardi nel ripresentarsi dopo una licenza o una missione. Triplice Alleanza. La prigionia veniva descritta in modo tetro, con il duplice intendo di attizzare l'odio verso il nemico, cercando di distogliere i soldati da ogni tentazione della resa, facendo passare il messaggio che la resa è un atto disonorevole che avrebbe inoltre peggiorato le condizioni di vita e aumentato le sofferenze. I primi sono i più numerosi, e in maggior parte resteranno ostili alla guerra, ma al suo interno ci fu fin da subito una sorta di "diaspora" che portò molti socialisti ad appoggiare il richiamo nazionale andando a gremire le file interventiste[20]. Il 13 maggio si dimise; Giolitti e Salandra si recano dal re, mentre D'Annunzio e Mussolini su Il Popolo d'Italia e su L'Idea Nazionale elettrizzano il clima minacciando una guerra civile. Intellettuali "riformisti" e "rivoluzionari" (questi ultimi intesi come coloro che intendono la "rivoluzione" come compimento della patria) dicono sì alla guerra in nome dei valori assoluti in seno ai principi dell'89 e in nome del crollo definitivo delle antiche monarchie che si scontrano con i «popoli liberi d'Europa»[28]. Ma forse la vicenda più rappresentativa delle divisioni interne dei socialisti, fu la fuoriuscita del direttore dell'Avanti! Tra il 23 giugno e il 5 dicembre 1915 Cadorna sferrò quattro distinte offensive contro le difese austro-ungariche dell'Isonzo, attestate a difesa di Gorizia lungo una linea tra le vette del monte Sabotino e del Podgora, subendo pesantissime perdite (62.000 morti e 170.000 feriti) a fronte di guadagni territoriali insignificanti[76]; i contemporanei attacchi della 4ª Armata sulle Dolomiti non ebbero miglior successo, con violenti scontri in uno scenario di alta montagna in mezzo a ghiacciai e quote mediamente superiori ai 2.000 metri di altitudine (la cosiddetta "Guerra Bianca"). Gli interventi del governo per l'assistenza e la propaganda rimasero per lungo tempo sporadici e casuali. I sentimenti patriottici diffusi tra le classi agiate non avevano attecchito nelle classi operaie e contadine, e le difficoltà provocate dalla presenza di un esercito, italiano, austriaco o tedesco che sia, provocava comunque moltissimi disagi e quale fosse l'esercito non faceva differenza. Fu un organismo unico, privato, formato da 80 segretari provinciali e 4500 commissari, e divenne la principale organizzazione utilizzata dal governo per l'assistenza e la propaganda patriottica nei confronti della popolazione civile[170]. Fu una sfida aperta al Parlamento, in linea con le pressioni eversive della piazza. Le truppe italiane impiegarono le armi chimiche una prima volta nell'agosto 1917, durante l'undicesima battaglia dell'Isonzo, e poi ancora nel giugno 1918 nella zona del monte Grappa; armi chimiche furono poi impiegate dalle truppe italiane e francesi nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, in particolare nelle zone di Folgaria, Sernaglia e dell'Altopiano di Asiago[74]. Cadorna si preoccupò di portare l'esercito al massimo dell'efficienza contemplata dai piani prebellici; le unità di cui era prevista la costituzione al momento della mobilitazione (10 divisioni) vennero impiantate in anticipo affinché garantissero la stessa formazione ed efficienza di quelle permanenti. Le celebrazioni per il centenario della prima guerra mondiale hanno riportato l’attenzione su quello che è stato uno dei momenti di svolta nella storia della società contemporanea. Gli intellettuali furono favorevoli all'entrata in guerra e lo dimostrarono attivamente, con un'unanimità che li rese, nonostante le diversità di argomentazioni, una categoria compatta. La prima guerra mondiale aveva lasciato l’Europa stremata per lo sforzo compiuto e pesantemente indebitata, in particolare con gli Stati Uniti. La Prima Guerra Mondiale è uno degli eventi più catastrofici del Novecento. Dalla dichiarazione di guerra all'amnistia concessa dal governo Nitti il 2 settembre 1919, le denunce all'autorità militare assommano a 870.000, su poco più di 5 milioni di mobilitati. La poca fiducia che Cadorna aveva nelle truppe non si può ricondurre solo a fattori personali, ma soprattutto alla politica della destra autoritaria di Salandra e Sonnino, altrettanto diffidenti verso le masse[105]. Con una sola eccezione, la protesta si ferma qui, anche se questi undici casi comportarono una serie di esecuzioni sommarie con il ricorso alla decimazione in almeno quattro casi. La partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale ebbe inizio il 24 maggio 1915, circa dieci mesi dopo l'avvio del conflitto, durante i quali il paese conobbe grandi mutamenti politici, con la rottura degli equilibri giolittiani e l'affermazione di un quadro politico rivolto a mire espansionistiche, legate al fervore patriottico e a ideali risorgimentali. Tutti questi fattori provocarono i primi episodi di insubordinazione. Si trattò quindi di un primo grande esperimento di pedagogia di massa, della prima operazione su larga scala di condizionamento e formazione dell'opinione popolare in chiave nazional-patriottica, seppur limitata all'esperienza delle trincee, per la quale furono chiamati letterati, scrittori, disegnatori, grafici e pedagogisti; in pratica gli esperti di mass-media di allora, con a capo Giuseppe Lombardo Radice, professore universitario di pedagogia. Il principale settore bellico dell'Italia correva lungo le Alpi orientali per una lunghezza di 655 chilometri, dal Passo dello Stelvio a ovest fino alla foce dell'Isonzo a est. Questo sito è stato aggiornato l'ultima volta il 19 agosto 2020. Durante la prima guerra mondiale i fronti principali furono 3: 1) Fronte occidentale: Germania contro Francia … Benedetto Croce prese fin da subito le distanze dai «rissosi e petulanti frutti di un'ideologizzazione del conflitto» che il filosofo, nelle pagina del La Critica, cercò invece di razionalizzare come involgarimento dei tempi e anche a comprendere quale espressione di emozioni collettive e amplificazioni propagandistiche. Nonostante questo però, durante il conflitto riuscì a sopperire alle enormi richieste di armamenti e munizioni dell'esercito grazie all'organizzazione e alla mobilitazione industriale, e soprattutto grazie all'apporto di materie prime e risorse finanziarie concesse dagli alleati e dalla relativa semplicità dei processi tecnologici di inizio novecento[158]. In termini numerici i contrari alla guerra, o "neutralisti" erano un'ampia maggioranza; evirata però nella voce[11]. L'esercito si adoperò anche ad aumentare il numero di fucili e del loro munizionamento, ma non si colse la necessità di commesse maggiori per il munizionamento dell'artiglieria; insufficienti si rivelarono anche il numero di mitragliatrici e bombe a mano, mentre il numero di pezzi e munizioni per l'artiglieria media e pesante restarono per parecchio tempo, anche dopo l'entrata in guerra, molto scarsi[50]. Mentre da parte italiana esiste un'abbondante memorialistica che appare generalmente influenzata dallo spirito patriottico e che descrive la presenza nemica in termini di miseria, prepotenza e sopraffazione, ovviamente in contrasto con molta della documentazione austriaca, che al contrario, essendo in parte prodotta da apposite sezioni dell'esercito, mostra gli aspetti rassicuranti della situazione, e la tranquillità della popolazione nei confronti degli occupanti[177]. Un'altra disposizione permetteva peraltro ai soldati di inviare in patria viveri e ogni genere di bene senza particolari licenze, e ciò, unito al fatto che le risorse locali si rivelarono insufficienti sia alla popolazione che per gli occupanti, provocò un'escalation di episodi di razzie che non trovarono opposizione da parte delle autorità occupanti. A conclusione delle trattative il Regno d'Italia abbandonò lo schieramento della Triplice alleanza e dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, avviando le operazioni belliche a partire dal giorno seguente; l'Italia dichiarò poi guerra all'Impero ottomano il 21 agosto 1915, al Regno di Bulgaria il 19 ottobre 1915 e all'Impero tedesco il 27 agosto 1916. La voce di Benedetto Croce fu ugualmente rappresentativa a quella dello storico pugliese, anzi, scrivendo sulla sua rivista culturale La Critica, Croce ebbe maggior diffusione nel mondo dell'alta cultura, delle istituzioni e nell'area della classe dirigente liberale e del centro-destra. All’inizio della guerra, dalle pianure del Veneto e del Friuli, le armate italiane avanzano verso nord e verso est, per conquistare il Trentino, il Cadore (territorio veneto delle Dolomiti orientali) e Gorizia e Trieste nel Friuli, che si trovano sotto il dominio austriaco. I corrispondenti di guerra conoscevano bene la realtà del fronte, inviavano notizie circostanziate ai direttori dei loro giornali, ma tacevano con il pubblico dei lettori, pubblicando articoli che nascondevano, e in alcuni casi falsificavano, gran parte della verità, in un'opera cosciente di disinformazione. Un'altra forma di mobilitazione politica fu il dibattito pubblicistico, dove l'agitazione verbale della carta stampata si sposta sulle piazze, nei teatri e nelle sale di conferenza. Nella flotta esisteva una rete relativamente efficiente di spie avversarie, che oltre a raccogliere informazioni mise anche a segno alcuni colpi eclatanti, come l'affondamento della corazzata Benedetto Brin; anche l'affondamento della Leonardo da Vinci venne attribuito a sabotatori[53] ma col tempo queste ipotesi vennero considerate inattendibili[54][55]. Quando l'Italia entrò in guerra nel maggio 1915, il conflitto infuriava già da quasi dieci mesi: entrati in azione sulla base di piani preordinati che prevedevano grandi movimenti di truppe e manovre avvolgenti e risolutive, gli eserciti contrapposti si erano ben presto ritrovati invischiati in una sanguinosa guerra d'attrito caratterizzata da un fronte continuo e ininterrotto di linee trincerate, che rendeva impossibile qualunque aggiramento e obbligava a continui assalti frontali[91]. La situazione della Libia allo scoppio della prima guerra mondiale era turbolenta: gli italiani controllavano le principali città sulla costa e alcuni presidi nelle regioni dell'interno, ma il resto del paese era largamente in mano ai gruppi di resistenti locali che continuavano ad opporsi con le armi alla penetrazione coloniale dell'Italia. Nasceva così la frattura, che col tempo divenne insanabile, tra il fante e gli uomini che restavano a casa, i cosiddetti "imboscati", i quali furono il bersaglio preferito delle lamentele e delle invettive dei soldati[113]. La necessità di portare l'attacco alle unità all'ancora nelle basi navali austro-ungariche portò a ideare una serie di nuovi mezzi insidiosi: nel 1917 fu ideato il barchino saltatore, un piccolo motoscafo silurante dotato di ramponi con cui scalare e superare le ostruzioni all'imboccatura dei porti, mentre nel 1918 fu impiegata la Torpedine semovente Rossetti, un siluro autopropulso con cui due sommozzatori (il maggiore Raffaele Rossetti, ideatore del mezzo, e il tenente medico Raffaele Paolucci) penetrarono nel porto di Pola per affondarvi la nave da battaglia SMS Viribus Unitis[72]. Appunto schematico sulla seconda guerra mondiale secondo il punto di v... Seconda guerra mondiale - L'Italia in guerra. I soldati rifiutano tutto ciò che esce dalla loro sfera di esperienza diretta, e si identificano con il gruppo, affrontando i rischi dei combattimenti per solidarietà verso i compagni; e questo fu proprio uno dei fattori determinanti che contribuirono alla coesione dell'esercito[108]. Le innovazioni riguardarono anche la guerra in mare: la Marina si era preparata a una guerra convenzionale con scontri diretti tra unità maggiori, e davanti a uno scenario fatto di rapide incursioni da parte di unità veloci e sommergibili mentre le corazzate nemiche rimanevano ferme in porto dovette mutare atteggiamento. A corroborare tutto ciò venne l'ondata di manifestazioni interventiste che si sollevarono in tutto il paese non appena si ebbe notizia delle dimissioni del governo, la sera del 13 maggio[39]. Questo consenso venne raggiunto da vari fattori, basati sia su ipotesi logiche non documentabili, sia su un'effettiva attività assistenziale e di gestione della guerra imposte dai comandi. La battaglia di Caporetto rappresentò una pesante disfatta per il Regio Esercito, che subì 12.000 morti, 30.000 feriti e 294.000 prigionieri, oltre ad altri 400.000 soldati sbandati verso l'interno del paese e vaste perdite di materiale bellico tra cui più di 3.000 cannoni[80]. Caratteristica in questo senso fu l'attività del deputato socialista trentino Cesare Battisti, che percorse tutta l'Italia per convincere i suoi compatrioti che «l'ora di Trento è suonata» e che il socialismo non può ignorare le radici nazionali e le ragioni dell'appartenenza nazionale[21]. La società contadina era molto disomogenea, vi facevano parte coltivatori diretti, fittavoli, mezzadri, coloni e un grandissimo numero di salariati, per un totale di circa dieci milioni di persone, le cui condizioni economiche e stato giuridico erano molto differenti fra loro. Appena quattro mesi prima il generale Pollio aveva presentato una relazione in cui scriveva: «[...] se l'esercito italiano dovesse essere portato all'altezza degli eserciti delle altre grandi potenze europee, pur tenendo conto esatto della differenza numerica esistente fra le rispettive popolazioni, occorrerebbe all'Italia compiere uno sforzo grandioso». Durante questo lungo periodo di trattative l'opinione pubblica giocò un ruolo decisionale fondamentale, e la scelta o meno di entrare in guerra fu condizionata dalle decisioni delle masse popolari, divise tra interventisti e neutralisti. Venne intensificata l'estrazione nazionale di lignite a basso potere calorifico, disboscando intere montagne; venne ridotta l'erogazione di gas nelle città; venivano soppressi moltissimi treni, mentre 25.000 vagoni ferroviari vennero richiesti per trasportare dalla Francia il carbone che non poteva arrivare via mare; per il trasporto di grano da Genova ai mulini nei dintorni della città, venivano usati i tram della rete urbana durante le ore notturne[141]. Il 3 novembre 1918, mentre reparti italiani entravano a Trento e sbarcavano a Trieste, i delegati dell'Austria-Ungheria firmarono l'armistizio di Villa Giusti, conclusivo delle ostilità sul fronte italiano[82]. Al fronte di parlava di un'Italia in cui «ci si divertiva a rotta di collo», piena di «caffè, teatri, balli, vergini di fregola, bagasce, ruffiani, pescicani e imboscati», e dove «le fabbriche di automobili non sapevano più come soddisfare le esigenze dei privati»[151]. Come scrisse lo storico Antonio Monti nel 1922, col passare del tempo «la guerra si era ormai immobilizzata nella fatale divisione del Paese nelle due uniche classi» quelle dei combattenti e degli "imboscati"[174], e ciò favorì il grosso risentimento che i soldati in trincea riversarono sia contro i cosiddetti "imboscati" sia contro i giornalisti stessi. Le autorità italiane (in primo luogo Orlando) proibirono ed ostacolarono in ogni modo la pratica di aiuti organizzati, e solo sul finire del conflitto tentarono un esperimento in questo senso. In seguito alla rotta di Caporetto, per le popolazioni friulane e venete iniziò un periodo di occupazione austro-ungarica che durò all'incirca un anno. Il conflitto terminò nel 1918 con la firma dell'armistizio da parte della Germania, ultimo degli … Le fonti a proposito non mancano, soprattutto per quanto riguarda i resoconti e i documenti scritti e iconografici conservati negli archivi viennesi, che furono utilizzati dagli studiosi austriaci per ripercorrere le fasi finali, l'amministrazione militare e le condizioni delle truppe austro-ungariche sul fronte italiano. Mentre Salvemini fu fin da subito interventista, a favore dell'Intesa e di un'Italia rivolta ai valori di progresso e di libertà contro gli Imperi centrali, Croce - originariamente triplicista, poi neutralista condizionato dall'impegno governativo - assunse un ruolo meno "rumoroso" rispetto ai movimenti interventisti di sinistra o di destra[30]. Il numero e la qualità delle navi erano adeguati ad affrontare il compito principale della flotta, che era quello di vincere in un confronto diretto la squadra da battaglia austro-ungarica; più difficile era proteggere le estese coste italiane dalle offese dal mare vista anche l'impreparazione della componente aerea della flotta, che quindi spesso permise alle navi austroungariche di avvicinarsi indisturbate e colpire gli obbiettivi anche se spesso senza risultati rilevanti. L'avanzata proseguì nell'Albania settentrionale, con l'occupazione di San Giovanni di Medua il 28 ottobre e di Scutari il 1º novembre, prima che l'armistizio di Villa Giusti ponesse fine alle ostilità[85]. Cadorna sfruttò la situazione favorevole per sferrare una nuova spallata a est ai primi di agosto: nel corso della sesta battaglia dell'Isonzo le forze italiane riuscirono a spezzare la linea austro-ungarica, prendendo il Sabotino e il Podgora e infine conquistando Gorizia l'8 agosto. Proprio in tale contesto, allorquando nel 1913 l'Austria-Ungheria aveva progettato un'operazione militare contro la Serbia, l'opposizione dell'Italia lo aveva mandato a monte; esasperando l'avversione di Francesco Ferdinando e del generale Franz Conrad von Hötzendorf e del loro apparato militare. Il Codice militare con cui l'Italia era entrata in guerra, vecchio di oltre mezzo secolo, fu notevolmente irrigidito da Cadorna, il quale aggiunse nuove figure di reato, aggravò le pene e impose agli ufficiali in linea e ai comandi di reparto forme di giustizia sommaria. Gli schieramenti della Prima Guerra Mondiale. In un solo caso si può parlare di rivolta: nella notte tra il 15 e il 16 luglio 1917 nell'accampamento della brigata "Catanzaro" ci furono diversi scontri a fuoco e propositi di resistenza, che portarono alla morte di due ufficiali e 2 feriti, nove soldati uccisi e venticinque feriti. Da questi dati si possono inoltre intuire i grossi guadagni dichiarati dagli industriali che andarono pari passo agli aumenti di capitale societario: quello dell'Ansaldo passò da 30 milioni di lire nel 1916 a 500 milioni nel 1918, mentre i suoi addetti passarono da 6.000 a 56.000 nel 1919, 111.000 considerando l'indotto e le aziende affiliate. Al momento dell'ingresso dell'Italia nel conflitto il parlamento accordò al governo pieni poteri, a cui seguirono amplissime deroghe alle norme di contabilità dello Stato e in pratica all'abolizione dei controlli della Corte dei conti. Entrambe le strutture stampavano un bollettino di collegamento interno e alcuni comitati regionali delle Opere Federate preparavano "schemi di conferenze" per i loro addetti, come gli analoghi "spunti di conversazione coi soldati" del Servizio P, nonché pièces teatrali di propaganda per il "Teatro del Popolo", così come gli addetti P ne allestirono per il "Teatro del Soldato"[171]. Truppe italiane tornarono in Francia alla fine del 1917: come gesto di solidarietà per l'invio di divisioni francesi sul fronte italiano, l'Italia mise a disposizione dell'alleato prima reparti di truppe ausiliarie per attività di costruzione di retrovie (le "Truppe ausiliarie italiane in Francia" o TAIF), poi un intero corpo d'armata di truppe combattenti (il II Corpo d'armata del generale Alberico Albricci con due divisioni di fanteria e truppe di supporto): in totale, furono inviati in Francia circa 60.000 uomini delle TAIF e 25.000 del II Corpo.

Mirapexin Rilascio Prolungato, Autocertificazione Iscrizione Albo Educatori, Testiera Letto Singolo Fai Da Te, Ammore E Malavita, Suole Antiscivolo Per Pantofole, Il Tuttofare Dvd,